Breve storia della psicologia


Le origini della psicologia come scienza
Il percorso di progressiva affermazione della psicologia come scienza autonoma rispetto alla filosofia e alle scienze della natura, inizia soltanto a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento. Non è stato affatto facile affermare la possibilità di studiare con un metodo scientifico la psiche umana cioè le idee, le percezioni, i sentimenti, le emozioni che sono alla base del comportamento dell'uomo.


I precursori

Già alcuni filosofi greci, come Platone ed Aristotele, posero interrogativi che ancor oggi sono alla base della ricerca psicologica, ma è solo a partire dal Seicento che inizia un confronto più serrato su questi argomenti. Sono sempre i filosofi, come Cartesio,Thomas Hobbes e John Locke, a portare avanti riflessioni e a proporre teorie sulla mente umana. 

L'importanza di Cartesio (
René Descartes, 1596 - 1650) 


Il dualismo cartesiano è una precondizione della nascita della psicologia scientifica. Cartesio divide la realtà in:
  • Res extensa = sostanza estesa, corporea, spaziale, inconsapevole 
  • Res cogintans = sostanza pensante, consapevole

Qual è il rapporto che l'io in quanto pensiero e il corpo in quanto estensione intrattengono tra di loro? Cartesio anzitutto esclude che il pensiero sia nel corpo «come un nocchiero nella barca»; questa era l'immagine platonica per illustrare il rapporto anima-corpo, che lasciava intatte e separate le due sostanze. A tale possibilità Cartesio obietta che le sensazioni che abbiamo, fame, sete, dolore...ecc., ci segnalano un rapporto diretto col corpo, laddove se non si realizzasse un'unità, l'intelletto non proverebbe quei pensieri di sensazione, ma essi gli riuscirebbero in qualche modo estranei. C'è un ulteriore elemento che ci dà la misura dell'unione intrinseca dell'intelletto col corpo, e cioè che i corpi esterni a noi intrattengono con noi rapporti che non sono percepiti come inerenti esclusivamente alla nostra corporeità, ma come benefici o dannosi a tutti noi stessi. Anima e corpo sono dunque «mescolati», come attestano le sensazioni sia interne che esterne; ma non al punto che non sia possibile distinguere alcune operazioni «che sono di pertinenza della sola anima» e altre «che appartengono al solo corpo». All'anima compete la conoscenza della verità, al corpo le sensazioni «che ci sono date dalla natura propriamente solo per indicare all'anima quali cose siano di beneficio, quali di danno, a quel composto di cui essa è una parte, e ciò finché non sono ben chiare e distinte». Il corpo dà dunque all'anima le indicazioni necessarie perché essa operi per la sopravvivenza del composto, ma tali indicazioni sono oscure e confuse, e la luce intellettuale deve, per conoscere la verità su di esse, provvedere a chiarirle. 

Passa poi ad analizzare il processo sensoriale, diviso in 3 livelli: 


1. Fisiologico = condiviso tra uomini e animale; l’azione dei sensi è passiva, poiché essi sentono tramite una passione, suscitata in essi dagli oggetti sensibili, che provocano un movimento dei condotti.


2. Spirito = res cogitans, la sensazione raggiunge la ghiandola pineale o conarium, essa infatti è il punto in cui si uniscono le 2 res, ma la mente non riesce ancora a localizzare il percepito.


3. Vera percezione = distinzione dalla sensazione. 


Secondo Cartesio riusciamo a formarci un giudizio sulle cose esterne attraverso il movimento degli organi corporei su di esse. 


Nascita della psicologia moderna
La psicologia scientifica moderna nasce nella seconda metà dell'Ottocento. Tra il 1850 e il 1870 fisici e medici si occupano dello studio della psiche: le sensazioni, le emozioni, le attività intellettive. Gli scienziati applicarono allo studio della mente le metodologie che già applicavano alle scienze naturali, ma senza rendersi conto che stavano creando una nuova scienza, la moderna psicologia scientifica, in cui fusero le scienze naturali con lo studio della mente. Fra i principali precursori che aprirono la strada alla nascita della moderna psicologia si possono citare: Charles Darwin, che propose varie teorie sulle emozioni, Franciscus Donders, che compì studi sui tempi di reazione, Ernst Weber e Gustav Theodor Fechner, che diedero vita alla psicofisica, studiando il rapporto tra stimoli fisici e sensazioni mentali, Hermann Ebbinghaus (1850-1909) che fu tra i primi ad applicare il metodo sperimentale allo studio della memoria, Francis Galton che fu il padre della psicologia differenziale, Théodule Ribot che contribuì in modo decisivo a far assumere una propria identità alla psicopatologia, Alfred Binet e Arnold Gesell che risultarono fondamentali pionieri nella "psicologia infantile".


Il termine psicologia deriva dall’unione di psyché (spirito, anima) e da logos (discorso, studio) e può essere tradotto come studio o scienza dell’anima. Questo termine appare per la prima volta nel 1520 in un testo di cui ci rimane solamente il titolo “Psychologiade ratione animae humanae” di Marcus Maurulus. Si dovrà aspettare l’opera di un allievo di Leibniz, Christian Wolff, perché si arrivi al significato di psicologia simile a quello moderno. Wolff distinse una psicologia razionale (più filosofica) da una psicologia empirica (più naturalista). Questa distinzione verrà ripresa e segnerà la distinzione tra psicologia scientifica e filosofia.


Il laboratorio di Wundt

Il merito di aver fondato la psicologia come disciplina accademica spetta al tedesco Wilhelm Wundt (1832-1920). Questi raccolse e scrisse una mole gigantesca di materiale riguardante la nascente disciplina e, grazie alla sua grande cultura, riuscì a dare alla materia una base concettuale e un assetto organico. Wundt, nel 1873-74, pubblicò "Fondamenti di psicologia fisiologica", opera considerata il primo vero trattato psicologico-scientifico della storia.
Nel 1875 Wundt divenne professore di filosofia a Lipsia, dove fondò un suo laboratorio nel 1879. A questo laboratorio affluirono allievi e scienziati di tutto il mondo che compirono ricerche e studi sui tempi di reazione, l'attenzione, le associazioni mentali e la psicofisiologia dei sensi. Per Wundt l'oggetto della psicologia doveva essere l'esperienza umana immediata, contrapposta all'esperienza mediata, che era invece oggetto delle scienze fisiche. Grazie a questa definizione, e all'uso di una metodologia rigorosa durante gli esperimenti, si strutturò definitivamente la psicologia intesa come disciplina scientifica ed accademica. Per il suo grande impegno e gli ingenti studi, Wundt è passato alla storia come il padre fondatore della psicologia.Il metodo utilizzato da Wundt era quello dell'introspezione.



Il metodo introspettivo 
Il paziente dopo esser stato addestrato appunto ad utilizzare solo e solamente ciò che la propria coscienza percettiva nota come realtà, doveva esporre verbalmente il proprio vissuto interno. Per esempio: Se il paziente oggettivamente vedeva l'accendersi e lo spegnersi in rapida sequenza di 20 lampadine poste in file, non doveva riferire ciò, ma doveva affermare "percepisco una luce accesa che si sposta da destra a sinistra in linea retta". Tanto repentino fu lo sviluppo di questa tecnica, quanto l'affievolimento dell'ambiente strutturalista: la metodica era questa e doveva esser presa alla lettera.


Osservazione acritica dei propri vissuti interni. Si distingue in:
  1. simultanea: l'introspezione è contemporanea al manifestarsi dell'evento psichico
  2. retroattiva: l'introspezione è seguente al manifestarsi all'evento psichico cioè avviene dopo.


Lo strutturalismo ne adottò la tecnica in quanto mediante essa era possibile osservare e misurare direttamente il vissuto psichico interno soggettivo del paziente, il quale, introspettivamente, riportava verbalmente le sue manifestazioni psichiche.


Lo strutturalismo: è un approccio psicologico inaugurato da W. Wundt, in Germania, e proseguito, negli U.S.A., dal suo allievo E.B. Titchener. Unanimemente riconosciuto come il primo modello di psicologia sperimentale, in quanto adotta le metodiche e le procedure della chimica e della fisica di fine 1800, quali il laboratorio e il metodo galileiano, al fine di dare una impronta scientifica alla psicologia. Secondo Titchener, la psicologia deve analizzare la struttura della mente, che sarebbe formata da tanti elementi che la compongono come un mosaico di sensazioni, emozioni, concetti; il lavoro dello strutturalista è quindi quello di analizzare tutti questi percetti, emozioni, concetti.

Principi dello strutturalismo sono l'elementarismo (la concezione della psiche come "sommatoria" e strutturazione di elementi semplici di base: affetti, sensazioni, percetti, etc.) e l'introspezione come metodo (ovvero l'analisi della struttura psichica attraverso l'auto-osservazione rigorosa dei propri processi interni da parte di ricercatori appositamente addestrati, secondo specifici protocolli).


Critiche
Lo strutturalismo fu criticato sia per la sua impostazione di fondo che per il suo metodo. L'impronta elementarista venne criticata duramente per quanto riguarda la percezione, dalla Gestalt (in Europa), mentre fu criticata dal funzionalismo (negli U.S.A.) per quanto concerne lo studio e il modo con cui viene considerata la coscienza. 


Il funzionalismo: è un indirizzo di ricerca in psicologia, inaugurato negli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento da William James e John Dewey, che interpreta i fenomeni psichici non come elementi disgiunti fra loro (come cercava di fare il coevo strutturalismo europeo di Edward Titchener), ma come funzioni mediante le quali l'organismo si adatta all'ambiente sociale e fisico.


Il Funzionalismo fu una scuola di studi e di pensiero che ebbe radici nell'Evoluzionismo, e che si sviluppò principalmente nel campo filosofico e pedagogico lasciando da parte il campo psicologico. Si fa in genere coincidere il Funzionalismo Psicologico con la Scuola di Chicago (Dewey, 1896; Angell, 1907) ma nel panorama di questo movimento non si possono trascurare gli apporti di studiosi come William James, Granville Stanley Hall e James McKeen Cattell. 


Anche se il funzionalismo, come scuola psicologica specifica, ha conosciuto un declino a partire dalla fine degli anni '20 (in contemporanea con la coeva crescita del Comportamentismo nella psicologia accademica Statunitense), alcuni dei suoi assunti di base (l'analisi molaristica e non molecolaristica, l'attenzione ai processi funzionali ed al loro scopo adattativo) sono filtrati all'interno dei principi impliciti della ricerca psicologica contemporanea, sia in settori specifici come la Psicologia Evoluzionistica e, più di recente, nella Psicologia Funzionale che più in generale, in buona parte della Scienza Cognitiva.


La psicologia della Gestalt
Gli psicologi della Gestalt cercarono di dimostrare sperimentalmente la validità del criterio della "totalità" nello studio delle funzioni psichiche. Per essi, infatti, non era giusto dividere l'esperienza umana nelle sue componenti elementari e occorreva, invece, considerare l'intero come fenomeno sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti. In altre parole, per gli psicologi della Gestalt: "L'insieme è più della somma delle sue singole parti". È chiaro quindi come questa Scuola si opponesse alla teorie associazionistiche di Wundt e a quelle comportamentistiche di Watson, per spostare l'accento sulla tendenza degli insiemi percettivi, e per estensione delle rappresentazioni del pensiero, a presentarsi al soggetto sotto forma di unità coerenti. La psicologia della Gestalt ricorse, perciò, al metodo fenomenologico, col quale i dati dell'esperienza non vengono interpretati e scomposti, ma descritti totalmente nella loro immediatezza, così come essi appaiono al soggetto. I gestaltisti, studiando in modo approfondito la percezione, intuirono che la realtà fenomenologica si struttura spontaneamente in unità, nel campo di esperienza del soggetto, ogni volta che gli elementi di un insieme presentano determinate caratteristiche. Individuarono così cinque leggi (dette "leggi della formazione delle unità fenomeniche") le quali stanno alla base del nostro modo di cogliere le cose e di organizzare i dati percepiti. 


Legge della somiglianza: elementi identici o simili tendono ad essere percepiti come unità. 


Legge della buona forma: figure geometriche sovrapposte, tendono ad essere percepite ancora come separate, cioè ognuna con la propria forma.


Legge della vicinanza: più gli elementi di un insieme sono vicini, maggiore sarà la tendenza a percepire quegli elementi come unità. 


Legge della buona continuazione: si tendono a percepire come unità quegli elementi che minimizzano i cambiamenti di direzione.


Legge del destino comune: con elementi in movimento, vengono percepiti come un'unità quelli con uno spostamento coerente.


Legge della chiusura: elementi figurali chiusi o che tendono a chiudersi vengono percepiti come appartenenti alla stessa unità figurale.


Queste sono solo alcune delle numerose regole alla base della percezione e che permettono, ad esempio, di comprendere il funzionamento delle illusioni ottiche. Il punto centrale della psicologia della Gestalt era, perciò, la convinzione che riuscendo a comprendere come si organizzano le nostre percezioni, si potesse anche comprendere il modo in cui il soggetto organizza e struttura i propri pensieri. Infine, è importante sottolineare che queste tendenze all'auto-organizzazione erano viste dai gestaltisti come una caratteristica innata, ridimensionando in questo modo l'importanza dell'esperienza e dell'apprendimento nella strutturazione del pensiero.
Gli psicologi della Gestalt sono noti, come se ne evince soprattutto per i loro contributi nel campo della percezione. Oltremodo è da ravvisare che la Gestalt, non è uno studio della percezione fine a se stesso, ma è principalmente e nella sua essenza un metodo d'indagine dell'umano (la Gestalt è di più della semplice somma delle parti). Mediante esso è stato possibile il proliferare di studi, concetti e campi di ricerca assai numerosi:
  • gli studi sull'intelligenza nei primati ad opera di Köhler (1917) furono talmente importanti da far nascere il concetto di insight;
  • Kurt Lewin, allievo di Wolfgang Köhler, svilupperà il concetto di campo dando vita, addirittura, ad una branca della psicologia: la psicologia sociale;
  • Kurt Koffka fece notare che i princìpi della Gestalt sono applicabili pressoché ad uno spettro d'indagine illimitato (percezione ed intelligenza, ma anche nello studio del sociale, dell'educazione e dello sviluppo, fino ad arrivare a legami con concetti dielettromagnetismo);
  • James Gibson porterà la sua critica ad un certo modo di fare ricerca troppo legato al laboratorio, nei confronti della psicologia cognitiva, proprio basandosi su una matrice di ricerca in linea con la Gestalt.

Le scuole russe: Pavlov e la riflessologia
NOTA DI REDAZIONE: LA PRESENTE SEZIONE E LA SUCCESSIVA (COMPORTAMENTISMO) CONTENGONO IMMAGINI E VIDEO DI SPERIMENTAZIONI SU ANIMALI AVVENUTE NEI PRIMI ANNI DEL '900, UNA TRADIZIONE CHE PURTROPPO PROSEGUE ANCHE OGGI. LE INFORMAZIONI CONTENUTE IN QUESTA SEZIONE VENGONO INSERITE SOLO PER RAGIONI DI COMPLETEZZA STORICA. IL CURATORE DEL BLOG E' FORTEMENTE CONTRARIO A ESPERIMENTI SU ANIMALI. ANCHE PER QUESTO MOTIVO IL CURATORE TIENE A PRECISARE CHE ADERISCE AD UN FILONE DELLA PSICOLOGIA CHE HA STORICAMENTE RAGGIUNTO CONOSCENZA ATTRAVERSO LA SOLA ESPERIENZA CLINICA (VEDI PSICOANALISI). IL GESTORE INVITA I LETTORI A VISITARE IL SITO DELLA LEGA ITALIANA ANTIVIVISEZIONE - LINK: 

Sempre verso la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento nacquero nuove Scuole di psicologia in Unione Sovietica. In particolare, ebbero grande risonanza le ricerche di Ivan Pavlov (1849-1936). 
Pavlov (nel 1904, premio Nobel per la medicina) fu un fisiologo e non volle mai essere considerato uno psicologo. Nonostante ciò, i suoi studi diedero grande impulso e influenzarono notevolmente una delle successive Scuole psicologiche che avrà maggior successo: il comportamentismo. Pavlov compì studi, mediante esperimenti su animali , su quello che venne chiamato riflesso condizionato, dimostrando come fosse possibile far sorgere un dato comportamento associandolo a un determinato stimolo. 

La maggior parte delle Scuole russe di psicologia continuarono questo filone di ricerche e per questo sono state accomunate sotto il nome di riflessologia russa. La teoria alla base di tutte queste Scuole era la convinzione che i processi psichici potessero essere ridotti a semplici riflessi, cioè i processi psichici erano visti come semplici processi fisiologici ed elementari.



Il comportamentismo
Nel 1913, negli Stati Uniti, John Watson (1878-1958), diede vita ad una nuova Scuola psicologica, detta comportamentismo, attraverso la pubblicazione di un celebre articolo intitolato "La psicologia considerata dal punto di vista comportamentistico". Il comportamentismo, detto anche behaviorismo, dominerà la scena internazionale per circa cinquant'anni, cioè per tutta la prima metà del XX secolo. 
Il comportamentismo rivoluzionò i concetti della precedente psicologia, concentrando i suoi sforzi e studi non più sulla "coscienza", bensì attorno al "comportamento". Il nuovo e unico oggetto della psicologia divenne, perciò, il comportamento pubblicamente osservabile degli organismi viventi. Il comportamentismo criticò fortemente anche il concetto di innatismo, in quanto prevedeva che ogni comportamento umano fosse determinato solamente dagli stimoli ambientali. Questo portò alla nascita della schema Stimolo-Risposta (S-R), che prevedeva che ad una stimolazione che agisce su un organismo segua una reazione dell'organismo stesso. Come già accennato, il comportamentismo fece tesoro anche degli esperimenti sul condizionamento di Pavlov, e arrivò ad ipotizzare che ogni comportamento umano potesse essere appreso mediante condizionamento.
Quasi la totalità degli psicologi americani di questo periodo era di matrice comportamentista e, fra i maggiori autori che diedero impulso a questa Scuola, si possono ricordare Burrhus Skinner, Edward Tolman e Clark Hull.
Il comportamentismo entrò in crisi nei primi anni sessanta, in quanto risultò evidente come queste teorie semplicistiche non fossero in grado di spiegare i comportamenti umani più complessi, come ad esempio le relazioni sociali. Il behaviorismo, inoltre, venne anche criticato per il suo ridurre l'essere umano ad un organismo passivo che rispondeva solo alle leggi del condizionamento. Nonostante tutto, il comportamentismo è sopravvissuto fino ai giorni nostri in alcune correnti come il neo-comportamentismo e, va sottolineato, la Scuola di Watson ha comunque grandi meriti nell'aver dato un forte impulso di ricerca ed una dignità scientifica alla psicologia.


Scuola storico culturale:

Un discorso a parte merita il russo Lev Vygotskij (1896-1934) e la sua Scuola storico-culturale. Per Vygotskij l'esperienza storica (storicità) era l'aspetto fondante dell'esperienza umana e della stessa psicologia. Per Vygotskij lo sviluppo cognitivo del bambino doveva essere valutato e studiato in rapporto alle sue componenti sociali, culturali e ambientali. Queste originali ed innovative riflessioni, che si contrapponevano in modo netto al rigido e deterministico comportamentismo che stava nascendo negli Stati Uniti, furono a lungo ignorate, anche per la mancata traduzione delle opere di Vygotskij dalla lingua russa a quella inglese. Solo a partire dagli anni ottanta questo autore è stato oggetto di riscoperta, divenendo uno dei principali ispiratori della psicologia postmoderna e della psicopedagogia.


L'epistemologia genetica 
E' una disciplina psicologica fondata dallo psicologo svizzero Jean Piaget (1896-1980) 
alla metà del XX secolo, interessata allo studio delle origini (la genesi) della conoscenza. Il termine epistemologia viene qui inteso con un'accezione abbastanza diversa da quella usuale.

Il Centre International d'Epistémologie Génétique ("Centro internazionale di epistemologia genetica") fu fondato a Ginevra nel 1955 da Piaget, e da lui diretto fino alla sua morte nel 1980.
Questa prospettiva psicologica intende collegare la validità della conoscenza al modello della sua costruzione. In altre parole, essa mostra che i metodi usati per ottenere e creare la conoscenza influenzano la validità della conoscenza risultante. Per esempio, la nostra esperienza diretta della forza di gravità ha maggiore validità della nostra esperienza indiretta con i buchi neri.
L'epistemologia genetica spiega anche il processo tramite il quale un essere umano sviluppa le sue abilità cognitive nel corso della sua vita, a partire dalla nascita ed attraversando stadi sequenziali di sviluppo, con particolare attenzione ai primi anni dello sviluppo cognitivo.
Piaget dimostrò innanzi tutto l'esistenza di una differenza qualitativa tra le modalità di pensiero del bambino e quelle dell'adulto; individuò poi delle differenze strutturali nel modo con il quale, nelle sue diverse età, l'individuo si accosta alla realtà esterna ed affronta i problemi di adattamento a tale realtà.
Sviluppò così una distinzione delle fasi dello sviluppo cognitivo, individuando 4 periodi fondamentali dello stesso.
  1. Fase senso-motoria (dalla nascita ai 2 anni circa)
  2. Fase pre-operatoria (dai 2 ai 7 anni)
  3. Fase delle operazioni concrete (dai 7 agli 11 anni)
  4. Fase delle operazioni formali (dai 12 anni in poi).

L'ascesa del cognitivismo

A partire dagli anni sessanta un nuovo orientamento iniziò a farsi largo in psicologia: il cognitivismo. Questo è oggi l'orientamento dominante in psicologia. Alle sue origini troviamo diverse matrici che si sono espresse fra gli anni cinquanta e '60, in buona parte nate all'interno dello stesso comportamentismo. La rapida ascesa del cognitivismo fu dovuta, innanzitutto, al fallimento dello stesso comportamentismo, che con le sue teorie semplicistiche non era riuscito a spiegare i comportamenti umani complessi. Lo schema S-R (Stimolo-Risposta) del comportamentismo era, infatti, divenuto insufficiente e fu gradualmente sostituito dallo schema S-O-R in cui O (organismo) rappresentava la mediazione fra lo stimolo e la risposta. A differenza del comportamentismo, dove l'uomo era visto come un semplice insieme di comportamenti da osservare, il cognitivismo poneva l'accento sull'attività pensante dell'uomo, visto come organismo attivo e non più passivo. In altre parole il simbolo "O" iniziò a rappresentare la "mente", che per i cognitivisti divenne l'unico oggetto di studio.
Storicamente la prima volta in cui venne presentata in maniera compiuta la teoria cognitivista fu nel libro "Psicologia cognitivista", di Ulric Neisser,
pubblicato nel 1967. Come accennato, però, i presupposti dell'approccio cognitivista erano già presenti e rintracciabili in teorie ed orientamenti precedenti, ad esempio nelle opere degli psicologi Kenneth Craik, George Armitage Miller e del linguista americano Noam Chomsky. E ancora prima con Oswald Külpe, Karl Bühler, Frederic Bartlett, James McKeen Cattell, Alfred Binet, James Baldwin, Jean Piaget.
Come detto, il cognitivismo non è una scuola psicologica ma un orientamento ove confluiscono scuole e matrici di ricerca. Le principali sono la psicologia dell'atto (inaugurata da Franz Brentano), l'informatica e la cibernetica. In particolare negli anni '70, si diffuse il modello HIP, il quale proponeva la metafora della mente come elaboratore di informazioni. La mente, cioè, era vista come un computer, nel quale lo stimolo-risposta comportamentista si trasformò in input-elaborazione-output:
  • input: informazioni in entrata nella mente, corrispondenti agli "stimoli" del comportamentismo;
  • elaborazione: conversione delle informazioni che mutano, e vengono rielaborate dai processi mentali;
  • output: uscita delle informazioni sotto forma di comportamento manifesto, linguaggio, mimica facciale, postura, ecc., corrispondenti alle "risposte" o "reazioni" del comportamentismo. Il modello HIP fu però criticato in quanto dipinge un uomo artificiale, che non corrisponde all'uomo reale inserito nel suo ambiente naturale.

Altro orientamento fortemente ravvisabile nel cognitivismo è lo studio del comportamento finalizzato ad una meta ("goal-driven"): il comportamento non è più visto come atto passivo, tipico del comportamentismo, bensì attivo al fine di raggiungere la soluzione di un problema. La nozione di retroazione (feedback), proveniente dalla cibernetica, è centrale in questa ottica dello studio del comportamento umano. Il testo ove esplicitamente si propose questo modello fu il noto "Piani e struttura del comportamento", di George Armitage Miller (psicologo sperimentale), Karl Pribram (neuroscienziato), e Eugene Galanter (psicologo matematico); queste diverse formazioni sono da sottolineare, al fine di comprendere il nuovo cognitivismo come confluenza di matrici di ricerca, ed il carattere interdisciplinare del loro curriculum.
In "Piani e struttura del comportamento" si esprime il modello T-O-T-E: il comportamento è rivolto ad un fine mediante l'esame della realtà (test), l'elaborazione dell'informazione (operate), un successivo esame di ciò che è stato elaborato (test), eventuale retroazione al fine di migliorare l'elaborazione stessa dell'informazione, e successiva uscita (exit) dell'informazione sotto forma di comportamento manifesto, linguaggio, mimica facciale, postura, e così via.


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