Propaganda e potere politico


Walter Lippmann e la "fabbrica del consenso"


Nel 1922 esce Public Opinion di Walter Lippmann, dove viene coniato il famigerato concetto di “fabbrica del consenso”:

"Nella maggior parte dei casi noi non siamo soliti vedere e poi definire. Noi prima definiamo e poi vediamo. In quella gran ... confusione che è il mondo esterno, noi siamo portati a riconoscere ciò che la nostra cultura ha già definito per noi, e tendiamo a percepire ciò che abbiamo riconosciuto nella forma stereotipata per noi dalla nostra cultura. [...] Immaginiamo molte cose prima di averne avuto esperienza diretta. E questi preconcetti ... governano profondamente l'intero processo di percezione " (p.81, 90)
Lippmann considerava necessari allo sviluppo della moderna "fabbrica del consenso" l'utilizzo delle moderne tecnologie di comunicazione di massa, non solo la parola della carta stampata ma anche e soprattutto la fotografia ed la nuova industria holliwodiana. Partendo dalle previe analisi della psicologia sociale sul potere dei simboli nella mente delle folle, Lippmann enfatizzava l'importanza dei processi di identificazione nella vita psichica dei ricettori. Nel The Phantom Public del 1927 la formula di Lippmann per le leadership era:
 « L'elaborazione di una volontà generale da una moltitudine di desideri generali è ... un'arte ben conosciuta a leader, politici e comitati direttivi. Consiste essenzialmente nell'utilizzo di simboli che costruiscono le emozioni dopo averle staccate dalle rispettive idee. Poiché i sentimenti sono molto meno specifici delle idee ... il leader è capace di ottenere una volontà omogenea da un'eterogenea massa di desideri. Il processo attraverso il quale le opinioni generali sono spinte alla cooperazione consiste nell'intensificazione dei sentimenti e una parallela degradazione dei significati »
 (Walter Lippmann, 1922)

La giustificazione del realismo democratico stava nella natura irrazionale delle masse:

 
« Il singolo non ha un'opinione su tutte le questioni pubbliche...Non sa come dirigere i pubblici affari...Non sa che cosa succede, perché succede, che cosa dovrebbe succedere. Non riesco ad immaginare come potrebbe, né esiste la benché minima ragione per credere, come hanno fatto i democratici mistici, che il mescolio delle ignoranze individuali in masse di persone possa produrre una forza continua che imprima una direzione alle questioni pubbliche [...] Il pubblico deve essere tenuto al suo posto, non solo perché possa esercitare i suoi poteri, ma ancor di più per consentire ad ognuno di noi di vivere libero dallo scalpiccio e dal rumore del gregge disorientato »
 (Walter Lippmann, 1922)

Lippmann suggerisce di gestire il rapporto tra le autorità e la popolazione (o il pubblico) attraverso la fruizione di segni di natura semplice, capaci di colpire emotivamente la collettività e di condurla alle stesse conclusioni che gli esperti hanno previamente elaborato per via razionale:

"I segni devono avere un carattere tale da essere riconosciuti e compresi senza la necessità di un sostanziale sguardo alla sostanza del problema ... devono essere segni che diranno ai membri del pubblico dove conviene allinearsi per promuovere la soluzione [del problema]. In breve, devono essere guide per azioni ragionevoli ad uso di persone disinformate" (p.77-78)

Inoltre, continua Lippmann, "senza una qualche forma di censura, la propaganda nello stretto senso della parola non è attuabile. Per condurre una propaganda ci dev'essere una qualche forma di barriera tra il pubblico e gli eventi. L'accesso agli ambienti [dell'informazione] dev'essere limitato, così da evitare che qualcuno possa creare uno pseudo-ambiente da sè e ritenerlo giusto o desiderabile"

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