Freud Opere Vol.VIII

Propongo la lettura di alcuni concetti psicoanalitici fondamentali tratti dall'Opera di Freud.

SIGMUND FREUD
OPERE volume VIII
1915 – 1917
Introduzione alla psicoanalisi

   
Lezione 57
La Traslazione
Come Freud è solito fare in questa serie di Lezioni, viene affrontato l’argomento principale solo dopo una lunga introduzione teorica che spesso assume i caratteri di una analisi storiografica. Anche in questo caso, per parlare del fenomeno della traslazione, Freud rivisita il percorso che lo ha portato ad operare secondo una certa tecnica, quella psicoanalitica, e spiega i principi pratici e teorici alla base delle sue scelte operative. In tal modo Freud ha preparato l’auditorio ad accogliere il “fatto nuovo” avendo ben definito lo sfondo teorico: «Tornando ai nostri isterici e nevrotici ossessivi, ci imbattiamo presto in un secondo fatto, al quale non eravamo in alcun modo preparati.» (pag. 588). L’autore afferma quindi che con il procedere dell’analisi non si può fare a meno di notare che i pazienti si comportano verso di noi terapeuti in maniera “particolarissima”, mossi sotto la spinta di una forza pulsionale che entra in gioco a tutti gli effetti nell’analisi. Questo nuovo elemento “inaspettato” non era stato calcolato nella razionalizzazione della relazione clinica che egli aveva operato fino a quel tempo. Ma in cosa consiste secondo Freud questo “fatto nuovo”? Il paziente, ci dice, invece di cercare la via d’uscita ai suoi conflitti, comincia ad interessarsi alla persona del medico. I rapporti subiscono di conseguenza una modificazione: all’inizio questi assumono una forma molto piacevole, ma ad un certo punto l’idillio finisce e subentrano presto delle difficoltà nel trattamento: il paziente afferma che non gli viene più in mente nulla. Il paziente non si attiene alla prescrizione usata dal medico di dire tutto ciò che gli viene in mente e di non aver conto di alcuna remora critica. E’ assorbito da qualcosa che vuol tenere per sé. Ci si trova insomma di fronte ad una forte resistenza. E’ accaduto che il paziente ha trasferito sul medico intensi sentimenti di tenerezza non giustificati dal comportamento del medico. La forma in cui si esprime tale tenerezza dipende dalla situazione e dalla tipologia di paziente: qualora si tratti di una giovane donna o un giovane uomo sembra trovarsi di fronte ad un normale innamoramento. Freud definisce questo “nuovo fatto” come “traslazione”. Freud presume che non essendo giustificata dalla situazione, tale traslazione di sentimenti sulla figura del medico abbia un’altra origine e d esista già pronta nel paziente e che venga trasferita sul medico in occasione del trattamento analitico. Questa può comparire quindi come appassionata richiesta d’amore o in forme più moderate, ad esempio come rispetto per l’uomo anziano, o altro. Il desiderio libidico può mitigarsi nella proposta di una amicizia indissolubile con caratteri non sensuali. Freud afferma che alcune donne riescono a sublimare la traslazione e a modellarla fino a farle acquistare una sorta di compatibilità. altre devono esprimerla nella sua forma grezza e impossibile. Ma in fondo si tratta sempre della stessa cosa.
Per quanto riguarda i pazienti maschi, Freud afferma che le cose non vanno molto diversamente che con le donne. Lo stesso attaccamento ala medico, la stessa sopravalutazione delle sue qualità e capacità, lo stesso assorbimento nei suoi interessi, la stessa gelosia verso tutti quelli che gli stanno vicino. In tali casi le forme sublimate sono più frequenti e la richiesta sessuale diretta più rara. Inoltre nel rapporto tra medico uomo e paziente uomo si osserva più frequentemente una forma particolare di trasfert: la traslazione ostile o negativa.
I sentimenti ostili fanno comparsa più tardi di quelli affettuosi e anzi seguono spesso questi ultimi. Qui Freud sottolinea un fatto di notevole importanza: nella loro presenza simultanea, essi rispecchiano bene l’ambivalenza emotiva che domina la maggior parte dei nostri rapporti intimi con gli altri esseri umani. I sentimenti ostili indicano quindi un legame emotivo quanto quelli affettuosi, così come un atteggiamento di sfida indica dipendenza allo stesso modo dell’obbedienza, pur essendo di segno opposto.
Ma come affrontare la traslazione? E’ ovvio secondo Freud che non dobbiamo cedere alle richieste del paziente ma sarebbe assurdo respingerle in modo scortese e indignato. Noi superiamo la traslazione, afferma, dimostrando all’ammalato che i suoi sentimenti non derivano dalla situazione presente e non sono destinati alla figura del medico, bensì ripetono qualcosa che in lui è già accaduto precedentemente. In tal modo si costringe il paziente a trasformare la sua ripetizione in ricordo. Succede allora che la traslazione, che sembrava costituire la più forte minaccia per la cura, ne diventa il migliore strumento.
Qui si inserisce un punto di estrema importanza che rappresenta forse qualcosa da tenere sempre a mente nel lavoro di psicoterapeuta: la malattia del paziente che prendiamo in analisi, non è qualcosa di concluso, di cristallizzato, ma qualcosa che continua a crescere, Freud dice come “un essere vivente”. L’inizio della cura quindi non pone fine a questo sviluppo ma, appena la cura si è impadronita del malato, l’intera produzione si riversa su un solo punto, ossia sul rapporto col medico. Ma dal momento in cui la traslazione assume questa rilevanza nell’analisi, il lavoro sui ricordi dell’ammalato passa in secondo piano. Da questo momento in poi si avrà a che fare non più con la precedente malattia bensì con una nevrosi di nuova formazione e profondamente trasformata che sostituisce la prima. In tale nuova edizione della vecchia malattia tutti i sintomi del paziente hanno abbandonato il loro significato originario e hanno assunto un nuovo senso in rapporto con la traslazione. Curare questa nuova artificiale malattia significa quindi anche curare la malattia portata nella cura. L’importanza della traslazione nelle isterie, nelle isterie d’angoscia e nelle nevrosi ossessive è tale che risulta fondamentale per la loro cura. Per tale motivo tali forme nevrotiche vengono raggruppate da Freud nella stessa categoria “nevrosi di traslazione”.

  
Lezione 28
La terapia analitica
Perché non ci serviamo delle suggestione diretta dal momento che è stato affermato che la nostra influenza come terapeuti è basata essenzialmente sulla traslazione, ossia sulla suggestione?
Freud spiega che suggestione diretta significa suggestione rivolta contro i sintomi e la loro manifestazione come fosse una lotta tra l’autorità del medico e i motivi della malattia. Ma così facendo non ci si occupa di quei motivi e si pretende che il malato reprima le manifestazioni dei sintomi. Freud spiega dunque la sua esperienza con l’ipnosi e la collaborazione con Bernheim (pag.596). Egli esercitò inizialmente l’ipnosi come suggestione inibitoria e successivamente combinata con il metodo breueriano di esplorazione del paziente. Tale metodo appariva certamente più rapido dell’attuale metodo analitico, e non comportava affaticamento né inconvenienti per il paziente. Ma il procedimento non era sicuro sotto nessun profilo. Non poteva essere applicato a chiunque, inoltre con alcuni si otteneva tantissimo mentre con altri nulla o pochissimo, e non si poteva mai determinare il perché. Ma la cosa più importante è che i risultati non duravano a lungo. Il paziente ripresentava i sintomi o li sostituiva con dei nuovi.
Alla luce dell’esperienza maturata negli anni successivi Freud spiega quindi la differenza tra suggestione ipnotica e quella psicoanalitica nel seguente modo: la terapia ipnotica cerca di ricoprire e mascherare qualcosa nella vita psichica, quella analitica di mettere allo scoperto e di allontanare qualcosa. La prima opera come una cosmesi, la seconda come una chirurgia. La prima utilizza la suggestione per proibire i sintomi, rafforza le rimozioni, ma per il resto lascia immutati tutti i processi che hanno condotto alla formazione dei sintomi. La terapia analitica penetra molto di più alle radici, la dove sono i conflitti dai quali sono scaturiti i sintomi, e si serve della suggestione per modificare l’esito di questi conflitti. La terapia ipnotica lascia il paziente inattivo e immutato e perciò anche, ugualmente, privo di resistenza di fronte ad ogni nuova occasione di ammalarsi. E’ un lavoro pesante sia per il paziente che per il medico messo in atto con lo scopo di abolire le resistenze interne. Con il superamento di queste resistenze la vita psichica del malato viene mutata permanentemente, elevata a un grado superiore di sviluppo, e preservata da nuove possibilità di malattia. Questo lavoro di superamento è la funzione essenziale della cura analitica; il malato deve compierlo e il medico glielo rende possibile con l’aiuto della suggestione, operante nel senso di una educazione. Per questo motivo il trattamento analitico è anche detto di post-educazione.
Per concludere il quadro del meccanismo della guarigione attraverso l’analisi, Freud spiega che il nevrotico è incapace di godere e di agire; incapace di godere perché la sua libido non è rivolta verso alcun oggetto reale, è incapace di agire perché deve spendere gran parte della propria energia per mantenere rimossa la libido e premunirsi contro il suo assalto. Egli guarirebbe se il conflitto fra il suo Io e la sua libido avesse termine, e il suo Io tornasse a disporre della sua libido. Il compito terapeutico consiste allora nello sciogliere la libido dai suoi legami attuali sottratti all’Io e nell’asservirla di nuovo all’Io. Ma dove si è cacciata la libido nel nevrotico? E’ legata ai sintomi che le garantiscono l’unico soddisfacimento sostitutivo al momento. Si deve quindi diventare padroni dei sintomi, risolverli. Per far questo si deve risalire fino alla loro origine, rinnovare il conflitto dal quale sono scaturiti e con l’aiuto delle forze che prima non erano disponibili indirizzarlo verso un nuovo diverso sbocco. Grande importanza rivestono quindi le tracce mnestiche, ma la parte decisiva del lavoro consiste nel ricreare nella traslazione una nuova edizione di quei vecchi conflitti in relazione ai quali il paziente vorrebbe comportarsi come si è comportato a suo tempo. Noi lo convinciamo a decidersi altrimenti chiamando a raccolta tutte le forze psichiche a lui disponibili. Tutta la libido viene concentrata sul rapporto con l’analista e quindi i sintomi vengono spogliati della libido. Al posto della malattia subentra quella artificiale della traslazione. L’unico oggetto diventa la figura del medico. Quando poi la libido viene portata a staccarsi da questo oggetto essa non torna ad investire i sintomi ma resta a disposizione dell’Io. Il lavoro terapeutico si compone dunque in due fasi: la prima tutta quanta la libido viene tolta ai sintomi e spinta nella traslazione; nella seconda viene condotta la lotta intorno a questo nuovo oggetto, finché la libido non viene liberata da esso. Il mutamento che determina l’esito favorevole, è in questo rinnovato conflitto, l’esclusione della rimozione , per cui la libido non può più sottrarsi all’Io con la fuga nell’inconscio. Attraverso il lavoro interpretativo, che trasforma ciò che inconscio in conscio, l’Io viene ingrandito a scapito dell’inconscio. Attraverso l’insegnamento, viene reso conciliante verso la libido e incline a concederle qualche soddisfacimento, e il suo orrore di fronte alle richieste della libido viene ridotto dalle possibilità di liquidarne una parte mediante la sublimazione. Il lavoro terapeutico può essere ostacolato dal fatto che la libido può rifiutarsi di abbandonare i suoi oggetti, e nella rigidità del narcisismo, non permettere alla traslazione oggettuale di svilupparsi.
Ampliando il discorso Freud ci spiega inoltre che i sogni dei nevritici ci servono come i loro atti mancati e le loro libere associazioni, a scoprire il senso dei sintomi e la collocazione della libido. Essi ci mostrano, sotto forma di appagamenti di desiderio, quali impulsi di desiderio sono caduti in preda alla rimozione e a quali oggetti si è legata la libido sottratta all’Io.

  

PARALLELO MITOLOGICO
CON UNA RAPPRESENTAZIONE OSSESSIVA PLASTICA
1916
Freud racconta i prodotti dell’attività inconscia in un paziente di circa 21 anni non diventano coscienti solo in qualità di pensieri ossessivi, ma anche di immagini ossessive. Le due forme di ossessione possono apparire insieme. Quando il paziente vedeva entrare suo padre nella stanza, si presentava alla sua mente una parola ossessiva e un’immagine ossessiva strettamente congiunte. La parola era “padre-culo” (Vaterarsch) e l’immagine rappresentava il padre come la parte inferiore di un corpo, nuda, provvista di braccia e gambe, ma senza la testa e la parte superiore. I genitali non erano indicati, i tratti del volto erano dipinti sul ventre.
Il soggetto perfettamente sviluppato e di alte aspirazioni morali, aveva praticato nelle forme più diverse un vivace erotismo anale fino a dieci anni.
Egli amava suo padre ma lo riteneva come il campione della gozzoviglia e alla ricerca di godimenti materiali.
La parola Vaterarsch si rivelò presto una maliziosa germanizzazione della parola Patriarch (patriarca). L’immagine ossessiva è una evidente caricatura. Fa venire in mente altre raffigurazione che in segno di disprezzo sostituiscono l’intera persona con un unico organo, per esempio i genitali. Freud a questo punto collega questa immagine con una leggenda greca: mentre cercava la figlia rapita, Demtra era giunta ad Eleusi, ivi era stata ospitata da Disaule e dalla moglie di lui Baubo, ma nella sua profonda afflizione non aveva voluto toccare né cibo né bevande. Al che la sua ospite Baubo le fece ridere alzando improvvisamente la veste e scoprendo il corpo nudo. La discussione di questo aneddoto che probabilmente doveva servire a spiegare un cerimoniale magico di cui non si capiva più il senso si trova nel quarto volume dell’opera di Salomon Reinach (pag.617).




UNA RELAZIONE FRA UN SINTOMO E UN SIMBOLO
1916
Come spiega Freud l’analisi dei sogni aveva dimostrato che il cappello è un simbolo dei genitali maschili. E anche la testa compare come simbolo genitale. L’autore ipotizza quindi che il significato simbolico del cappello derivi da quella della testa, dal momento che il cappello può essere considerato una sorta di testa prolungata ma staccabile. A tale proposito Freud collega tale simbologia ad un sintomo che molto spesso i pazienti nevrotici presentavano e che causava loro continui tormenti: per strada sono incessantemente all’erta per controllare se i loro conoscenti li salutano per primi togliendosi il cappello, o se invece sembrano aspettare il loro saluto. Essi inoltre rinunciano a delle relazioni sociali perché scoprono che alcune persone non le salutano o non le salutano in maniera adeguata. Difficoltà di questo tipo, legate al saluto sono infinite. Freud dice che non si ottengono miglioramenti se si fa notare al paziente che salutare togliendosi il cappello significa abbassarsi di fronte alla persona salutata, e che quindi la loro difficoltà significa che essi non vogliono mostrarsi meno importanti di quel che l’altro può pensare. Il fatto che spiegazioni come questa non esitano risultati, fa ipotizzare a Freud che in essi deve agire un motivo più profondo e meno noto alla coscienza. Dunque la fonte di questa ipersensibilità potrebbe essere facilmente trovata nel rapporto del complesso di evirazione.


ALCUNI TIPI DI CARATTERE
TRATTI DAL LAVORO PSICOANALITICO
1916
In questi tre saggi Freud spiega e descrive come nel corso del lavoro analitico ci si imbatta in particolari tratti caratteriali del paziente, tratti che rappresentano di per sé problemi psicologici importanti.
Il primo saggio mette in rilievo che esistono dei pazienti che si sottraggono alla legge generale della psicoanalisi, infatti partendo dal presupposto che l’analisi impone al paziente delle frustrazioni in quanto mira a fargli abbandonare il principio di piacere per fargli adottare il principio di realtà costituendosi come nuovo processo educativo, tali pazienti si erigono ad “eccezioni”. Dalla sua esperienza clinica Freud ha tratto il convincimento che un atteggiamento di questo genere è dovuto all’azione inconscia di un torto subito nell’infanzia (nella realtà o nella interpretazione di essa). Per compensare e risarcirsi di questo torto viene pretesa una posizione di privilegio.
Nel secondo saggio Freud prende in esame quelle persone che dopo aver perseguito con tenacia una determinata meta, crollano psicologicamente proprio quando conseguono il successo.
Nel terzo saggio Freud prende in considerazione il caso in cui un sentimento di colpa, anziché svilupparsi in seguito al compimento di un’azione vietata, precede questa e anzi la provoca. In forza di un meccanismo automatico e inconscio l’azione proibita (non motivata razionalmente) verrebbe compiuta da questi soggetti per poter attribuire ad essa il proprio interiore senso di colpa, così da non sentirsi più colpevoli per la più antica e più grave, colpa rimossa. La criminologia ad orientamento psicoanalitico ha avuto in questo saggio il suo testo base.

1) LE “ECCEZIONI”
Freud ricorda che il lavoro psicoanalitico si pone il compito di dover indurre il paziente a rinunciare a un conseguimento immediato e diretto di piacere. In particolare al paziente si chiede di rinunciare a quelle soddisfazioni cui consegue inevitabilmente un danno. In altre parole deve passare sotto la guida del terapeuta dal principio di piacere al principio di realtà, il che distingue l’uomo maturo dal bambino. In questo processo il terapeuta non può dire al paziente più di quanto egli riesce a capire da solo. Ma a volte capita di incontrare persone che si ribellano a simili pretese del terapeuta, essi non vogliono cioè rinunciare al piacere immediato, in quanto ritengono di aver già sofferto abbastanza. Questi pazienti credendo di aver già subito un numero sufficiente di privazioni, si considerano in diritto di essere risparmiate da ulteriori pretese, non vogliono più sottoporsi ad alcuna spiacevole necessità poiché si ritengono eccezioni e tali intendono rimanere. Le motivazioni sottostanti possono essere diverse. Freud afferma che nei casi da lui esaminati è stato possibile dimostrare l’esistenza di una particolarità comune nelle prime vicissitudini della loro vita: la loro nevrosi si collegava con una esperienza o una sofferenza vissute nei primi anni dell’infanzia, di cui sapevano di non essere colpevoli e che valutavano come una menomazione della loro persona.

2) Coloro che soccombono al successo

Secondo la psicoanalisi le persone si ammalano di nevrosi in seguito alla frustrazione. Questa riguarda la non soddisfazione dei desideri libidici di un individuo e la parte di personalità che chiamiamo Io, che è l’espressione delle sue pulsioni di autoconservazione e comprende gli ideali della sua personalità. Freud sostiene a questo punto, paradossalmente, che alcune volte le persone si ammalano proprio quando è stato appagato un loro desiderio profondamente radicato e da lungo tempo accarezzato, quasi come non fossero in grado di sopportare la loro felicità. Per Freud, la connessione tra successo e malattia è inequivocabile. Esemplare è il caso di una signora di ottima famiglia ed educazione, che mossa da una pressante voglia di vivere abbandona la casa paterna per girare il mondo in cerca di avventure. Fece la conoscenza di un artista di cui divenne compagna. Dopo anni di convivenza egli voleva prenderla in matrimonio e fu in questo momento che la donna cominciò a star male. Oltre a questo caso Freud ne descrive altri che hanno in comune un a spetto, e cioè che la malattia insorge nel momento in cui è prossimo l’appagamento di un desiderio, fatto che annulla la possibilità di trarne godimento. Queste constatazioni, che apparentemente contraddicono la tesi di base dell’insorgenza della nevrosi, sono facilmente comprensibili se si distingue la frustrazione esterna da quella interna. Se l’oggetto in relazione al quale la libido può trovare soddisfacimento viene a mancare nella realtà, siamo in presenza di una frustrazione esterna. Questa è priva di effetti fino a quando non le si associa una frustrazione interna, che deve provenire dall’Io e deve contrastare alla libido l’accesso ad altri oggetti di cui essa ora cerca di impossessarsi. Solo allora si genera un conflitto e la possibilità di una malattia nevrotica, cioè un soddisfacimento sostitutivo raggiunto indirettamente passando per l’inconscio rimosso.




3) Delinquenti per senso di colpa.

Nella sua esperienza clinica Freud si imbatte in una serie di pazienti che commettono reati comuni quali piccoli furti o truffe durante la terapia. Per Freud questi atti erano motivati da un senso di colpa preesistente la cui origine è individuabile nel complesso edipico. In altri termini il sentimento di colpa nasce come reazione ai due grandi propositi criminosi di uccidere il padre e avere rapporti sessuali con la madre. In confronto a questi due crimini il senso di colpa per fatti minori costituisce certamente un sollievo per l’individuo.

UNA DIFFICOLTA’ PER LA PSICOANALISI
1916

La difficoltà a cui fa riferimento Freud in questo capitolo è di natura affettiva: la psicoanalisi si aliena ai sentimenti del lettore e dell’ascoltatore rendendolo meno disposto a prestarle attenzione. Il tema principale su cui si determina questa chiusura è inerente le “pulsioni”, in particolare la scoperta che le nevrosi sono malattie specifiche della funzione sessuale. La psicoanalisi vuole o vorrebbe istruire l’Io, un Io che non è padrone in casa propria e che per questo non concede benevolenza alla psicoanalisi e continua ostinatamente a non crederle. Ammettere l’esistenza dei processi psichici inconsci significa compiere un passo denso di conseguenze per la scienza e per la vita. Molti filosofi tra cui Schopenhauer avevano posto l’accento sulla volontà inconscia dell’uomo, ma solo la psicoanalisi ha avuto il merito di non limitarsi ad affermazioni astratte. I due principi tanto penosi per il narcisismo, l’importanza della sessualità e la inconsapevolezza della vita psichica, vengono dimostrati mediante un materiale che riguarda personalmente ogni singolo individuo, costringendolo a prendere posizione di fronte a questi problemi. Per questi motivi questa disciplina attira su di sé questa avversione.

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