l'inguaribile sofferenza degli stati borderline

Come terapeuta vivo sempre una grande soddisfazione personale e un'immensa gioia nel vedere una vita vissuta per anni sul punto di rottura, ripartire, rinascere, trasformarsi in qualcosa di bello. Questo post è dedicato ai miei pazienti. Dopo anni di lavoro con loro credo di aver capito profondamente le loro sofferenze. Sono contento per chi ce l'ha fatta, per chi ce l'ha fatta un po', e per chi si impegna per farcela ogni giorno.
Stefano Giannini


la giostra del dolore
Parlare di stati borderline significa parlare di una zona di confine. Una zona limite che sembra caratterizzata da una sofferenza inguaribile che si rinnova incessantemente. Una volta un paziente per definire la sua condizione disse: "la mia non è una vita come quella di tutti.. la mia è una giostra da cui non è possibile scendere..". L'elemento comune che si riscontra in tutti gli stati borderline è in effetti l'instabilità di stati emotivi che frammenta l'esperienza in una serie discontinua di cadute e riprese, sfiancante per chi la sperimenta. Come psicoterapeuta ho modo di lavorare di frequente con persone che vivono questa particolare condizione e ho avuto modo di osservare che molto spesso il primo pianto offerto al terapeuta nel corso di un'analisi è effettivamente un pianto di stanchezza e disperazione. Chi vive questa condizione è esasperato dalle continue oscillazioni che costellano la sua vita, una vita che troppe volte è sembrata ripartire con i migliori intenti ma che troppe volte si è arenata di colpo lasciando spazio alla sensazione di aver vissuto l'ennesima illusione. E ogni volta è sempre più difficile ripartire, si aggiunge sofferenza alla sofferenza. Quante relazioni interpersonali, progetti di vita, progetti professionali naufragati nel nulla? Nulla di colpo ha un senso e una settimana dopo tutto di nuovo ne acquista uno sotto la spinta di un entusiasmo ingannatore che trascina sempre verso lo stesso approdo. 

quando arriva il buio
..poi a un certo punto improvvisamente apparentemente senza un perché arriva il buio, il vuoto totale. Un pianto disperato inconsolabile. Una depressione annichilente. Le esperienze narrate dai pazienti sono diverse ma simili e accomunate dal grande vuoto che pervade l'anima. Un vuoto che avvicina alla morte e che a volte la fa desiderare. E' in questi momenti che si intensificano ideazioni suicidarie e che avvengono tentativi di mettere fine alla sofferenza attraverso veri e propri passaggi all'atto (intossicazioni da farmaci, cocktail farmaci-alcol e sostanze, ecc). Altre volte ci si infligge delle punizioni mortificando il corpo (tagli sulle braccia e sul corpo) nel tentativo di restare nel dolore, di controllarlo, forse di far cessare il dolore interiore spostandolo sul corpo. 

un particolare isolamento
Il senso di vuoto chiede di essere colmato. All'improvviso si esce dalla depressione per fare un balzo nel polo opposto dell'umore (noi specialisti la chiamiamo fase maniacale o ipomaniacale). La socialità viene vissuta con l'intensità di un romanzo ma al tempo stesso è espressione di un particolare tipo di isolamento che io definisco "isolamento socializzato". Si frequentano persone nel sentimento profondo di essere comunque soli e incompresi.


la svolta terapeutica
Il percorso terapeutico di una personalità borderline è lungo e non facile, costellato per buona parte del tempo dalle stesse oscillazioni che caratterizzano l'esperienza quotidiana del paziente. La relazione terapeutica viene ad essere investita da una intensa emotività, di amore nell'idealizzazione e di odio nella distruttività e nella svalutazione del terapeuta e della terapia. Ciò nonostante col tempo la terapia offre la possibilità di una relazione stabile, si dimostra essere un contesto dove poter fare esperienza di un oggetto relazionale stabile e di conseguenza di un sé maggiormente stabile. L'esperienza dell'analisi diviene un'esperienza trasformativa, in grado di far acquisire la capacità di vivere oggetti relazionali maggiormente integrati, non più scissi in parti "solo buone" o "solo cattive". Un processo che comincia in analisi e che col tempo si trasferisce al mondo oggettuale.




7 commenti:

  1. DURA... DURA...
    Ma "ansiosa" del TRAGUARDO!

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  2. Non abbiamo un traguardo... saremo sempre quello che siamo...
    a meno che per traguardo non si intenda la rassegnazione...

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  3. si che c' è un traguardo! ci si arriva gradualmente sperimentando che non esiste un preciso istante di risoluzione del problema, sperimentando che non esiste un confine netto tra disturbo e guarigione...quando il bianco e il nero non sono più l'unica possibilità e si comincia a vedere sfumature di grigio...quello è un segnale che molta strada è stata fatta! è possibile il cambiamento, stare meglio, essere più sereni. E' possibile. Non rassegnarti, vai avanti!

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  4. È veramente dura...la mia vita è costellata di delusioni, aspettative disattese, il mio umore è variabile, basta poco per cadere nell ansia del rimanere soli. Terrificante è la vicinanza ad un partner...è li che nascono tutte le paure, li che vengono fuori le crisi, la gelosia, la rabbia e infine l autodistruzione....è così da tempo, troppo...tanti anni di terapia...almeno non mi Drogo più, non faccio più sesso promiscuo solo per non pensare. Lavoro, studio e palestra tutto per tenere impegnata al massimo la mente.questa è una malattia. Una brutta malattia.

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  5. Ciao sn Silvia 34 anni e mi hanno diagnosticato 4anni fa il disturbo borde....ho i mie alti e bassi....ma purtroppo quando mi sento bene nn seguo più la terapia farmacologica...So ke mi serve....ma poi faccio di testa ...ora....vorrei confrontare....Gaxxxie

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  6. É un disturbo di personalità e come tale va compreso e accettato . Mi rivedo nella sua descrizione, almeno in parte. Credo che per quanto ci si ostini con gli alti e bassi la vita vada cmq vissuta così, non c'è un'alternativa, a meno che non sia farsi del male .personalmente mi percepisco inadeguata e vuota, ho picchi di rabbia col mondo che poi riverso su me stessa. Vorrei una vita tranquilla, serena, normale. Saper fronteggiare quel che viene con ottimismo e senza precipitare nella disperazione o nella totale mancanza di energia .Non è tutto o bianco o nero, non è tutto sul filo del rasoio, siamo noi che preferiamo anestetizzati così. La vita richiede equilibrio e pace interiore. Credo si possa guarire, già i passi in avanti sono un segnale. Siamo più spaventati da ciò che siamo , dalla nostra etichetta alla malattia, che dalla vita stessa .in fondo, autoetichettarsi è fare il gioco di quel "demone" che é sempre pronto a destabilizzarci le giornate.

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