La destrutturazione della personalità ai tempi del Coronavirus





Con l'esplodere della pandemia da Covid-19 e a seguito delle relative restrizioni imposte dal Governo al fine di salvaguardare la salute dei cittadini stiamo assistendo ad un notevole incremento di manifestazioni cliniche di interesse psichiatrico. I fattori di stress (confinamento dentro casa, perdita delle frequentazioni sociali, familiari e affettive, difficoltà economiche, sovraesposizione a immagini di morte, paura di essere infettati)[1] possono infatti impattare sulla psiche degli individui generando ansia, panico, depressione, conversioni somatiche e fino a causarne, nei casi più gravi, il tracollo sotto forma di vere e proprie crisi psicotiche. Ciò può riguardare non solo soggetti con una storia clinica alle spalle e quindi con una organizzazione psichica francamente patologica, ma anche persone che fino ad oggi hanno condotto una vita apparentemente in equilibrio. Viviamo quindi tutti in un apparente equilibrio? Si, sicuramente più di quanto siamo soliti pensare. Uno dei grandi meriti della psicoanalisi, a partire dai primi anni del ‘900, è stato indubbiamente rendere evidente come la linea di confine tra sanità e malattia mentale non fosse poi così netta e assoluta, bensì più sfumata, mostrando come in ogni essere umano convivono livelli evolutivi diversi. Vale a dire che c’è un po’ di “psicotico” in ogni nevrotico che si rispetti. Michael Eigen scrisse a proposito di un “nucleo psicotico” presente in tutti noi. Per una serie di motivi le persone trovano comunque una compensazione, strutturando attorno a tali nuclei una personalità relativamente stabile, una identità relativamente coesa, non permettendo, in condizioni normali, a tali nuclei di dare origine a fenomeni dissociativi rilevanti. Qualora però la struttura dell’Io, il cui ruolo principale è tenere “i pezzi insieme” ed evitare la frammentazione psichica, viene ad essere indebolita, per esempio da fattori stressanti o traumatici, ecco che tale frammentazione può verificarsi. Quando ciò si verifica la persona perde gradualmente aderenza al piano di realtà, cresce interiormente una angoscia soverchiante ed arcaica, non riesce più a controllare il flusso dei propri pensieri che diventano alterati quantitativamente e qualitativamente. Possono nascere idee deliranti e fenomeni allucinatori, un eloquio disorganizzato, comportamenti bizzarri, in sostanza prende forma una iperattivazione psichica che pregiudica nel soggetto la capacità di ragionamento e di giudizio. Eventi acuti come questi determinano la necessità di un ricovero e un trattamento di urgenza in psichiatria. In una fase successiva sarà necessario intraprendere un percorso psicoterapeutico parallelamente al percorso psichiatrico e farmacologico. Se vogliamo fare un salto indietro, in un'ottica di prevenzione, aver intrapreso una buona psicoterapia rappresenta certamente un fattore protettivo rispetto alla possibilità di destrutturazione di fronte al trauma o allo stress. Non parliamo qui di psicoterapie di superficie orientate al sintomo (es Cognitivo-Comportamentali) ma di terapie analitiche psicodinamiche che lavorano ad un livello più profondo e che sono in grado di riparare quelle fragilità interiori e quelle conflittualità irrisolte che sono alla base della "instabilità stabile" che caratterizza la maggior parte degli individui umani. 



[1] non esiste un decalogo dei fattori di stress perché ogni evento può essere dal punto di vista soggettivo potenzialmente destrutturante

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